quando abbiamo smesso di dirci ciao

è stato forse quando ci siamo chiusi in casa a guardare dentro uno schermo che ci voleva distratti e ora ci vuole uniformi?
è stato quando abbiamo rinunciato ai cortili, ai parchi gioco?
quando abbiamo sistemato altalene e scivoli in ogni singolo giardino, per non mischiare i nostri sorrisi con avventori sconosciuti?

quando è successo che abbiamo smesso di dirci ciao?
indifferenti agli altri, che interpelliamo solo per parlar di noi. indifferenti al bene comune che consideriamo di competenza altrui.
indifferenti a qualsiasi dolore che non sia il nostro. sempre più grande,  più meritevole di attenzioni, più giusto.

abbiamo smesso di dirci ciao guardandoci negli occhi. ci guardiamo addosso forse. con quella malcelata invidia secondo cui l’altrui è migliore.
abbiamo smesso di dirci ciao puntando il dito contro qualsiasi azione compiuta. che sia destra o sinistra, buona o cattiva. criticata sempre.
abbiamo smesso nell’attimo in cui sentirci soli era impossibile, perché costantemente sollecitati ad apparire. a uno specchio. che è spesso il social che ci creiamo.

specchio delle nostre abitudini, dei nostri desideri, del pubblico che ci siamo scelti.

giostrina

 

bandiera di questi pensieri questa giostra, vista in un cortile durante uno dei miei pomeriggi a pedali. la ricordavo nei parchi, nei giardini degli asili, nelle scuole.
era simbolo del lavoro di squadra, si girava finché tutti tiravano dalla stessa parte. e anche allora ricordo che capitava il coglione che, per “ischerzo”, si metteva a tirare dalla parte opposta.
ora la giostrina è cimelio in casa privata. perché trovare più di due bambini che han voglia di giocarci insieme è difficile, non ha play, non ha on, neanche off.

e a proposito del ciao. io saluto. sorrido e saluto. non è una malattia, fidatevi. e fa bene a tutti. sorriso e saluto. e gioco. mettiamo queste pratiche strane nella to do list del nuovo anno

lamentiamoci, riflessioni, vita

Commenti (8)

  • quanto hai ragione…Abbiamo scambiato saluti, sorrisi e abbracci con una “connessione”. Ma io confido nel fatto che ci stancheremo di tutta questa socialità fasulla, sono convinta che, nonostante tutto, arriverà il momento in cui non saremo più disposti a scambiare la vita con l’illusione. basterebbe poco, sai! basterebbe un black out tecnologico di un paio di giorni. all’improvviso apriremmo gli occhi su tutto quello che abbiamo vicino, vicinissimo, scoprendo che è molto di più di quanto abbia mai potuto darci qualunque “social” (nome odioso e quantomai inappropriato. ma questa è un’opinione personale!).
    dopo l’obsolescenza programmata, io proporrei il black out programmato, diciamo ogni due mesi, tanto per cominciare, tanto per riprendere confidenza con i nostri simili, per riscoprire il prezioso dono della parola espressa con la più adeguata inflessione; quello del tatto e anche dell’olfatto perchè se è vero che “ci vuole orecchio” è ancor più vero che ci vuole fiuto!

  • con i social ci lavoro e trovo che siano uno strumento molto utile e duttile per restare legati al qui e subito. ma vivo molto del mio tempo offline e mi rendo conto dei meccanismi perduti, quelli in cui un tempo , il trebbo, era scambio e affetto. con i vicini abbiamo contatti frequenti, a volte anche noiosi, certo, ma sono la parte più prossima al nostro vivere e, almeno con loro, i rapporti di sorrisi e saluti è salvo.

  • io non intendevo dire che tutta la tecnologia va eliminata per sempre ma solo proporre una disintossicazione periodica perchè possiamo renderci conto dov’è il confine fra usarla e esserne schiavi.
    come per tante altre cose, è l’uso che ne facciamo che la rende utile o dannosa, questo si sa.
    io penso soprattutto ai giovani, a quelli che un tempo diverso da questo, in cui si deve essere costantemente legati a qualcun’altro da quel filo invisibile, non l’hanno conosciuto e per questo, senza saperlo sono molto , molto piu’ “poveri” di noi…
    ma cos’è il trebbo??

  • Come hai ragione Silvia… Anche io mi sento colpevole, sembra quasi un male contagioso al quale è difficile sfuggire.
    I momenti più felici sono proprio quelli trascorsi in compagnia, facendo qualcosa insieme, giocando e passeggiando. E sorridendo, che fa sempre bene.
    Un abbraccio!
    Alice

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