genn’ahio

mi tracolla gennaio
mi addormenta le albe, mi legna le gambe, mi pesa sugli occhi e mi gonfia la faccia. ma come, sembra passato un mese da quando i magi arrivavano e subito ripartivano, senza disfare barba e bagagli e invece siamo a metà poco più e manca metà poco meno. gennaio freddo e umido dentro, non si accende d’altro che di ferri da stiro e di forno per ciambelle e biscotti. patate lessate bollenti, da schiacciare con la forchetta e tazze di latte caldo e miele. ma ho ancora freddo.  e faccio un buco nel materasso e mi ci infilo, esco a marzo, fate un fischio?

è il mese del maiale gennaio, del baghino,  delle colazioni a costa e vino rosso. e me la devo essere persa la colazione, che era venerdì scorso e io ero nel mio mondo di non ce la faccio, non ce la facco. e il maiale è morto senza di me. e la graticola non ha sentito la mia mancanza? e chissà com’era buona la fetta di pane che si tociava sulla carne sfrigolante. massimo tu mi hai chiamata, perchè non t’ho sentito? è il mese dello strutto fresco, appena preparato, gennaio, è il mese del ghiaccio. come lo riscaldo? dove lo vado a cercare il motivo per cui gennaio mi tracolla?

lella! mè am fèg du ov ch’am sènt un po’ zò

come ve le fate due uova voi? io me le son fatte così (prendete appunti che è una roba difficile)

la frittata o meglio due uova nel tegamino

due uova e il tegamino
due uova e il tegamino

due uova di galline ruspanti o codice 0 – due fette di pancetta arrotolata – sale (niente olio)

in una padella ho messo un paio di fette di pancetta arrotolata. artigianale del macellaio di brisighella. quando la pancetta ha iniziato a sfrigolare ci ho rotto le uova sopra, mettendo da parte il rosso. ho guardato l’albume rapprendersi con il fiato sospeso. è così bello l’albume quando diventa latte e poi compatto. sale e poi con il polso deciso, zac! giro la frittata in mio favore.

non guardate lo sporco sul fornello. guardate il movimento, cacchio
non guardate lo sporco sul fornello. guardate il movimento, cacchio

basta poco, ancora due colpetti perché mi diverto. aggiungo i tuorli. cacchio, la vicina ha le galline che fan tonalità diverse. convinco lo sparso a fotografare, mi costa mezza padella

e intanto suo padre ci guarda schifato. mai mangiate le uova. mai che non fossero dentro il mascarpone, la crema, la pasta fatta in casa, i passatelli, le polpette…non mangia uova lui.

si tiene il tracollo – di gennaio leggete qui (mi pareva di avere il tarlo)

nb

davvero di fronte a casa vive questo massimo che racconto. che “fa di maiali, tacchini e galline” coltiva kiwi, semina spinaci e mi spaccia tutti gli esuberi. lo stesso massimo, a scadenze di tradizione, invita una manica di amici a casa sua quando ammazza il maialino, o quando prepara porchette. e alle 8 di mattina accende il foco, mette su la graticola e cuoce costola e salsiccia. vino e ciambella sono sulla tavola, il pane lo porta il fornaio. ho avuto la felicità di partecipare un pochino di anni fa, c’era ancora babbo. non dimentcerò mai il mal di testa che avevo entrando e il benessere che sentivo uscendo.

una faccia nel piattino
una faccia nel piattino

 

frittata, gennaio, le mie ricette, pancetta, secondi, uova al tegamino, viva il piatto unico

Commenti (10)

  • Ehi, sei davvero molto scattante e linguisticamente creativa, per esser gennaio, altro che letargo! Comunque, la prima cosa che ho pensato e’ stata: cavolo, c’ ha le uova di Pollan!! (nel primo libro suo che ho letto raccontava di come si capisse se un uovo fosse di gallina ruspante o meno dal tuorlo, sodo e compatto da giocarci a ping pong -beh, quasi, dai, non esageriamo ;-)). Ecco, per me quello arancione scuro e’ lui. In tutto il suo splendore. 🙂

    • mangiano scarti di cucina e poco altro le sue galline. che strana differenza. anche fuori. probabilmente uno è di gallina romagnola. uova bianche e piccine l’altra gallina straniera. arancio pasta 😉 mi è ripresa la scrivite, da letargo corpo ma non testa.

  • pensa che per me è peggio marzo, perchè in teoria dovrebbe farci uscire dall’inverno, e invece ci fa penare la primavera quando la desidero tanto. Ti racconto le uova di mio marito (prima di suo nonno, ma è tanto che non le facciamo); olio in padella, un bel po’, poi i peperoncini secchi dolci a sfrigolare (quelli che chiamano cruschi, per intenderci, am loro li chiamano solo peperoni dolci), poi l’uovo, intero. Per far cuocere bene e prima l’albume raccoglie l’olio caldo con il cucchiaio e lo versa sopra l’uovo durante la cottura.

    Questi ormai sono ricordi di gioventù, diciamolo 🙂 , lo rifacciamo solo quando ci capita al rara combinazione di avere un uovo regalato da un’amica che alleva le galline come fossero figlie e i peperoni i secchi 🙂

    • non faccio spesso le uova in “purezza” ma mi capita di sentirne la voglia come se fossi incinta. il peperone secchi non fanno parte della mia tavola. devo recuperare. il mio babbo era capace di mangiarsi 4 uova in frittata. per lui con la cipolla spesso e il pane a scarpetta. sembra semplice ma non lo è.

  • alla faccia della lentezza gennara, qui si sfornano post a getto continuo, e che post!
    mi mancano tanto le tradizioni, anche quelle che non ho mai conosciuto, come la colazione dal tuo generoso amico tutto fare (ce l’avrei anch’io un amico così, a cui mando sms e promesse di andare a trovarlo, ma non è mai il giorno giusto!).

    ma com’è potuto succedere che abbiamo perso tutto il meglio della vita?
    come siamo arrivati ad accettare la sveglia del mattino, il suo ordine di essere subito lucidi e attivi, fuori dal letto e fuori di casa (anche con le lastre di ghiaccio sulla strada come stamattina!)?
    e il resto?
    e la vita?
    io sono stanca di far finta che tutto questo mi va bene, che non posso farne a meno (paura di osare, in realtà) e sono stanca di fare a meno di incontrare gente ma quella che voglio io (e che vuole me, si intende) e senza l’occhio alle lancette in corsa!
    …ral-len-ta-re…

    che non è essere inattivi, tutt’altro. è fare quel che ci piace, quel che serve davvero, fare-dire-baciare ma con tempi umani, voluti, scelti.
    ecco: scegliere. è un verbo che non coniugo da tanto. e devo aver scelto io di non farlo, di sicuro. devo trovare il punto in cui è successo. dargli un punto e ripartire da lì. anche se il cucito è tutt’altro che il mio forte, posso ben cominciare col rammendo, no?
    ma voi avete visto le puntate di “un’altra vita” un mese fa?

      • la coscienza -non la possibilità- di poter scegliere (soprattutto con chi stare) dovremmo avercela sempre! Piuttosto, a 50, capita di accorgersi di non aver mai scelto. Ma questa non è una vittoria, è solo una costatazione tardiva.
        Che almeno questo ci basti per cambiare un pò di cose (atteggiamenti, in realtà) anche se con grande ritardo. Buon fine settimana!

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